3 settembre 2008

Odore di legno

L'odore del legno, dell'impregnante,
dei colori ancora freschi, della colla.
Il palco di un teatro, anche piccolo, vecchio
e dimenticato dalla gente, è un insieme di odori.
Forti e acri.
Quando il palco è vuoto e le assi sono
libere dai chiodi
e dalle scenografie si può veramente sentire l'odore
dello spettacolo.
Mi tolgo le scarpe, cammino sulle assi, sento le
piccole schegge dell'ultima frettolosa partenza,
dei momenti finali di un successo o di un disastro
annunciato.
Le assi si muovono, sono vive, ma cos'è che le rende vive,
energiche?
Perchè le assi del pavimento in legno, magari pregiato,
di un appartamento non sono così vive, così forti,
così piene?
E' come se le assi riuscissero a raccogliere
e trattenere
la forza dei passi, del sudore, delle urle, delle lacrime.
L'odore del legno rappreso di vita e di dolore aspetta solo
qualcuno che lo tocchi, che lo riscopra.
I miei piedi sono la parte che mi tiene a contatto con la terra.
Amo correre, camminare, girare avanti e indietro sul palco.
E' l'unico posto che a sessanta centimetri di altezza riesce
a mantenere forte e costante il legame con la terra.
Accendiamo le luci, indossiamo i vestiti di scena, montiamo
le scenografie.
Discutiamo, ripetiamo le nostre battute, ci arrabbiamo ed
esplodiamo di gioia dopo il primo applauso.
Quando ce ne andiamo loro restano. Le assi di legno.
Loro ricordano.
Loro sanno se i nostri piedi erano contratti dalla
paura dentro le scarpe.
Loro sanno se stavamo sudando freddo cinque minuti prima di
entrare in scena.
Loro sanno l'acqua che abbiamo bevuto per cercare di liberare
la gola dal senso di soffocamento, di ansia.
Loro hanno sentito le vibrazioni della nostra voce quando
recitavamo quel passaggio che ci lega ad altri ricordi, ad altri
dolori.
L'odore del legno di un palco.
Sessanta centimetri più in basso non lo senti. Non puoi.
Lassù sei in cima al mondo. E negli abissi più profondi.

Nicola Biada

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